Kawaii, molto più di un semplice aggettivo

In teoria significa “carino, grazioso” ma cosa si nasconde dietro il termine kawaii? E’ uno stile, un capitolo importante della cultura giapponese…

Per uno cresciuto a pane, Transformers e Holly & Benji +  Daitarn 3 + Slam Dunk è difficile pensare ad una forma di intrattenimento made in Japan che non preveda sport e robottoni. Poi mi metto a pensare seriamente alle tonnellate di roba vista in tv e mi ritornano in mente i shojo, Doraemon, Spank e adorabile compagnia. Succede poi che si chiacchieri amabilmente online con un’amica che usa spesso il termine kawaii, la parola mi incuriosisca e il sottoscritto decida di saperne di più.

E…?

E apriti cielo, chi lo avrebbe mai immaginato che una parolina potesse nascondere così tanta roba, così tanti argomenti diversi?

La genesi

In origine il termine kawaii poteva essere tradotto come “timido” oppure “imbarazzato” e solo in seguito assunse i significati odierni di “amabile” e “piccolo”. Detto questo, i giapponesi hanno una predilezione per tutto ciò che è carino da un sacco di tempo e si hanno tracce di “cose piccole e quindi carine” sin dall’anno 1000.

Per secoli, inoltre, la parola venne usata quando si voleva descrivere la tenerezza tipica di un neonato (o di un cucciolo) e solo verso la fine degli anni Sessanta venne utilizzata in un contesto più ampio.

E l’aggettivo si fece fenomeno culturale

Potrei mettere come sottotitolo “tutto merito dei giovani”. Perchè? Beh, il termine kawaii conobbe una notevole diffusione in tutto il Giappone grazie agli studenti che, in modo del tutto spontaneo, inventarono un nuovo modo di scrivere. Una grafia che comprendeva caratteri arrotondati e soprattutto cuori, stelline e faccine come parte integrante del testo. Non ditemi che non l’avete mai fatto perchè non ci credo!

Non passò molto tempo prima che questa strana e meravigliosa parola attirasse l’attenzione dei media, ottenendo una popolarità incredibile. Prima in tutto il Paese del Sol Levante e poi nel mondo, grazie alla rapida diffusione di oggetti di uso comune a tema. Senza contare, ovviamente, fumetti (manga) e cartoni animati (anime). E a tal proposito…

I campioni del “kawaiismo”

Si diceva poc’anzi di anime e fumetti giapponesi. Possiamo dire che molti mangaka adottarono con enorme profitto uno stile kawaii, creando personaggi e opere famose ancora oggi. Avete mai sentito parlare di Hello Kitty? Quella maledetta (scusate ma non la sopporto) e pucciosissima gattina negli anni Ottanta è diventata un simbolo, un’icona della cultura giapponese che potevi (e puoi ancora) vedere praticamente ovunque.

Non male nemmeno il buon Doraemon, il buffo e rotondo gatto proveniente dal futuro che ha saputo intrattenere dozzilioni di persone grazie ai suoi chiusky. E pazienza se quel coglione di Nobita è una vera spina nel culo, perdonate il francese. Il sottoscritto prova una sorta di amore/odio per tutto quello che concerne il “gatto spaziale”, ok? Infatti non è raro che guardi qualche puntata del cartone insieme a mia figlia, con la segreta speranza che arrivi… che so… un kaiju tipo Godzilla pronto a distruggere Gian, Suneo e gli altri.

Il kawaiismo non vive solo di gatti, ovviamente. Tra i personaggi più noti di questo strano e adorabile movimento culturale troviamo infatti il dottor Slump (e Arale), Heidi (fate ciao alle caprette?) e un certo cagnolino… com’è che si chiama… ah, sì… Spank! Stiamo parlando di un periodo compreso tra la fine degli anni Settanta e l’inizio degli anni Ottanta, sembra passata una vita. Ma non bisogna pensare che la diffusione di cose “piccole, adorabili e carine” si sia magicamente arrestata, eh…

Kawaii, kawaii ovunque!

Negli anni Novanta cambiano i protagonisti di manga e anime ma non il concetto. E così ecco nascere fenomeni dell’intrattenimento come Hamtaro e soprattutto Sailor Moon, senza contare i lavori di Ai Yazawa. Le caratteristiche fondamentali di queste opere? Rotondità a volte molto accentuate, tratti morbidi e dotati di una certa grazia, occhi grandi ed espressivi e, di tanto in tanto, buffi corpi tozzi dalle teste enormi.

E’ lo stile super deformed, una genialata che possiamo ritrovare in così tante opere che stilare un elenco mi è impossibile. Mi limito ad un nome e cioè Slam Dunk, a testimonianza di come il concetto di kawaii sia in grado di contagiare (in modo del tutto positivo) più generi, anche quello sportivo.

Se avete letto bene il titolino qua sopra vi starete chiedendo quanto e dove si sia diffuso il kawaiismo, sempre che si possa usare questo termine. Ebbene, in Giappone non è raro imbattersi in distributori automatici che ti permettono di portarti a casa un dolcissimo Kirby. Senza contare, poi, negozi e RISTORANTI a tema, che regalano al cliente un’esperienza unica. Perchè anche la cucina, signori miei, non è immune al fascino di un movimento culturale magari buffo ma degno del nostro rispetto.

Prima di salutarvi permettetemi di regalarvi qualche immagine presa dalla Rete…

Dolci e bevande kawaii, se sono zuccherosi anche solo la metà di quel che sembrano state pronti con spazzolino e dentifricio. Chè il rischio carie è bello alto!

Perfino Wikipedia non è immune al fascino della cultura più adorabile al mondo. E infatti ecco a voi Wikipe-tan, una mascotte che presenta molti dei tratti tipici di un manga disegnato in stile kawaii.

Moglie e figlia adorano ciondoli e simili, ok? In casa ci sono così tante cose griffate Pandora che inizio a desiderare un vaso di Pandora, non so se mi spiego. E se svoltassero adottando adorabili cosettini come quelli ritratti in foto? Almeno ci sarebbe una sorta di variazione sul tema…

In Giappone riescono a rendere carino e adorabile anche un cestino, un cassonetto per la spazzatura. Colori pastello, occhietti espressivi e buttare la carta di uno snack sarà ancora più semplice. E in Italia? Lasciamo perdere, che è meglio…

Alla prossima, per alcuni… consigli per gli acquisti!

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